domenica 10 luglio 2016

Il monastero di Davit Gareja

Lasciata l'"autostrada del Kakheti" svoltiamo sulla strada che conduce verso il monastero di Davit Gareja. Questa mattina, forse presi dalla fretta di arrivare, commettiamo qualche errore da principianti. Prima di tutto se si vuol visitare un monastero in un luogo isolato conviene avere il seerbatoio pieno, e se per arrivare al monastreo si dve attraversare un passo di montagna, converrebbe essere vestiti adeguatamente. Per quanto riguarda la benzina ci ha risolto il problema un abitante di Udabno indicatoci da altri cordiali cittadini come "colui che ha la benzina nel paese". Più che il freddo è stata la nebbia che abbiamo trovato per strada a rendere più difficile il tragitto, ma passato Udabno la nebbia inizia a diradarsi e nei venti chilometri di sterrato che ci separano dal monastero ammiriamo tra i più bei paesaggi che il Caucaso ci ha regalato. Colline verdi appuntite, laghi di fondovalle e grandi prati fioriti. La vista spazia in questo territorio immenso, abitato solo da mandrie di mucche e dai loro pastori.
La strada non è difficile, ma richiede attenzione. Forse rapito dal panorama, Francesco ha un attimo di distrazione e mettendo la ruota anteriore in una pozza fangosa sul ciglio della strada, perde l'equilibrio e la moto scivola giù. Attimo di panico, Serena scende al volo, la moto si ferma. Tutto OK, basta solo trovare qualcuno che ci aiuti a tirarla su. Nel Caucaso il problema non si pone e Serena trova un'intera squadra di operai pronta ad aiutarci.








Ci scrolliamo il fango e la paura di dosso e raggiungiamo il sito del  monastero.
Il monastero di Lavra, situato più in basso, è ancora abitato e le celle dei monaci sono scavate nella roccia così come era stato nel VI secolo, quando è stato fondato.
Risalendo la collina fino al crinale si raggiungono invece i resti del monastero di Udabno, del quale rimandono solo alcune stanze affrescate scavate nel fianco della montagna e una piccola chiesa.
Dalla cima lo sguardo è rapito dalle pianure desertiche dell'Azerbaijan che contrastano il verde intenso della Georgia. Nel silenzio che amplifica gli spazi, si capisce perchè Davit Gareja scelse questo luogo per ritirarsi in preghiera e i monaci lo seguirono dedicandosi allo studio e alla meditazione.
Hanno provato a distruggere questo monastero tutti gli invasori della Georgia, da Tamerlano ai Persiani, fino all'impero sovietico, ma la devozione degli abitanti del luogo ha permesso la sua conservazione.





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