domenica 31 luglio 2016

Penisola di Karpas: il sogno si avvera



Il tragitto da Girne verso la penisola di Karpas scorre piacevolmente su strade ben asfaltate, prive di traffico e con vedute spettacolari sulla costa.



Il paesaggio cambia totalmente appena si entra nel parco nazionale dato che la speculazione edilizia non è, per ora, riuscita a modificare la bellezza di questa penisola. Per poche lire turche ci accampiamo con vista su Golden Beach che riocorderemo come la più bella spiaggia dell’isola.






Qui il mare turchese incontra una spiaggia di sabbia bianca, dove a settembre le tartarughe vengono a depositare le loro uova, e le dune ricche di macchia mediterranea rendono il luogo ancora più selvaggio.
La vista non incontra nessuna struttura fissa se non pochi bungalow che si nascondono nella vegetazione. 
Con la moto, percorrendo strade sterrate, riusciamo a trovare altre baie incontaminate fino a raggiungere il Capo dell’Apostolo Andrea dove le scogliere si tuffano in mare.




 
Trascorriamo tre giorni in questo angolo di paradiso  con ritmi lenti tra un tuffo in acque limpide e una cena a base di pesce che prepariamo mentre guardiamo il mare.

Nemrut Dagj

Lungo la strada che ci porta a Katha, entriamo in quello che almeno geograficamente è chiamato Kurdistan; una grande area compresa tra Turchia Iran e Siria in cui vive una buona parte di popolazione di etnia curda. Il calore che questo popolo ci riserva ad ogni sosta rimarrà per noi forseil più bel ricordo di questi due giorni. A Katha montiamo la tenda nel giardino di un albergo per un prezzo irrisorio e l'accoglienza del padrone di casa Ciro ci permetterà di sentirci come a casa nostra: dopo giorni di vagabondaggio facciamo la lavatrice e la spesa per cucinare. Ciro non ci farà mancare pane fresco per la colazione e informazioni su cosa visitare.
La sera mentre ceniamo in città si svolge una manifestazione del principale partito di opposizione che chiede prima di tutto la salvaguardia della democrazia anche dopo il tentato colpo di stato.
Il giorno seguente partiamo alla volta del Parco nazionale del Nemrut Dagj lungo un percorso di circa cinquanta km che ci porterà a visitare un antico ponte romano e Arsemia, un sito sacrificale dedicato ad Apollo.








Il tratto finale di circa quindici chilometri sale ai piedi della vetta del Nemrut Dagj dove Antioco I Epifane volle costruire "Il trono degli dei su fondamenta che nessuno avrebbe mai demolito". Attorno al tumulo di pietra a forma di cono con un diametro di 150 mt e alto circa 50 sorgono due terrazze che guardano l'alba e il tramonto. Su ciascuna di esse sorgono nove statue di imponenti dimensioni che raffigurano lo stesso Antioco circondato dagli dei che riteneva essere suoi antenati. La vista spazia sulle alture e sulla valle del fiume Eufrate e le statue che impressionano per la cura dei dettagli, malgrado le teste e parte dei corpi siano crollati, guardano questi spazi da più di duemila anni. Probabilmente il connubio tra la collocazione gepgrafica e l'opera dell'uomo rende unico nel suo genere questo sito.



Scesi dalla vetta veniamo accolti con calore dalle guardie del parco nazionale e tra un bicchiere di cay e l'altro passiamo quasi un paio d'ore a chiacchierare con loro. Abuzer parla bene inglese e ci racconta di come quest'anno sia totalemnete crollata la presenza dei turisti, passata dalle cinquecento visite giornaliere alle poche decine attuali, malgrado la costruzione di nuove strade e l'abbattimento del costo di ingresso.
E' curioso anche di sapere del nostro viaggio e di  come si vive in Italia e fa da interprete a tutte le altre persone che volgiono partecipare alla conversazione.
La foto ricordo è d'obbligo anche con una piccola Honda di una delle guardie.

venerdì 29 luglio 2016

Ani

Torniamo in Turchia dopo settimane di notizie più o meno veritiere riguardo alla situazione politica e sociale del paese. Parenti e amici ci hanno più volte contattato per raccontarci come venivano riportatii fatti e per avere rassicurazioni sulla nostra condizione. Sicuramente il tentato golpe, di cui si può discutere la natura e le reali relazioni causa - effetto, ha fatto pensare anche noi che solo poche settimane prima avevamo attraversato questa sconfinata nazione. Alla frontiera ci accolgono invece con acqua di colonia e un cay bollente ed i soliti sorrisi che ci hanno sempre riservato. A Kars notiamo centinaia di bandiere turche e manifesti, ma una vita che scorre come in tanti altri giorni. Questo non significa che il tentativo di colpo di stato non abbia portato tragiche conseguenze riguarda la condizione di libertà dei cittadini turchi, in particolare delle opposizioni, ma probabilmente l'eco amplificato dei media internaionali non farà del bene a quella fetta di popolazione che sul turismo ci campa. Con il passare dei giorni noteremo infatti una tragica carenza di turisti, anche in siti famosi e ben noti.
Anche per questo Ani risulta praticamente deserta e questo amplifica il senso di maestosa desolazione del ricodo dell'antica capitale dell'impero armeno.
Simbolo di tali sensazioni è la chiesa del Redentore con la sua metà rimasta in piedi che guarda il verde prato in cui una volta sorgeva la città. La chiesa di San Gregorio e i resti del castello ne delimitano gli antichi confini dando ancora l'idea della grandezza di uno dei centri più importanti lungo la Via della Seta, in cui al tempo vivevano centomila persone.










 Il fiume con il suo profondo canyon segna il confine con l'Armenia che ha visto togliersi i territori dell'Anatolia dell'Est in cui sono presenti  i simboli del suo passato come il monte Ararat e Ani stessa.

lunedì 25 luglio 2016

Vardzia

Lasciata alle spalle l'ultima bandiera armena con Serena che giustamente riesce a riottenere i soldi che il funzionario di banca voleva intascarsi, torniamo in Georgia.
Un altopiano a 2000mt di altezza costellato da laghi e torrenti ci dà il "bentornati", ma sarà la golo che ci conduce a Vardzia a regalarci immagini ancora più belle.



La struttura che ci ospita ha un enorme orto - giardino incredibilmente curato e lo scorrere del fiume fa di questo luogo una meta perfetta per esplorare i segreti di questa valle.



Vardzia è un'antica città scavata nella roccia, sviluppatasi attorno ad un monastero; da lontano ci appare come un enorme condominio su ben 12 livelli e passiamo una parte del pomeriggio ad esplorare le grotte ed i cunicoli che le collegano.




Tornando indietro con la moto per visitare la fortezza di Khertvisi, la moto ci regala un piccolo brivido con il cavo della friziane che per il troppo gioco si scollega. Dopo un attimo di panico è sufficiente reinserirlo nella sua sede a agire sul registro per aumentarne la tensione.


 Lontano dalla folla di turisti scopriamo infine il monastero di Vanis Kvabebi, dove un monaco ci accoglie quasi stupefatto e ci indica la ripida via per raggiungere alla piccola chiesetta bianca incastonata nella parete rocciosa.




Aragat

Lungo la strada che sale fino al Lago Kari si può raggiungere, con una piccola deviazione, la fortezza di Ambert abbarbicata a 2500 mt di quota in posizione splendida.


Prosegundo a salire si raggiunge infine il lago che è situato a 3200 mt e rappresenta il punto più alto che abbiamo raggiunto in moto.



Decidiamo di piantare la tenda per tentare il giorno successivo la scalata alla vetta del monte Aragat. Questo vulcano spento ha in realtà quattro vette che circondano il cratere. Per cercare di abituarci alla carenza di ossigeno facciamo una breve camminata anche per capire quale percorso dovremmo seguire il mattino seguente.




Anche a questa quota abbiamo riprova del calore e dell'ospitalità del popolo armeno; infatti quattro anziani signori vedendoci prendere l'acqua alla sorgente ci invitano al loro banchetto e in un attimo ci ritroviamo con un bicchiere di grappa in mano a brindare ancora una volta all'amicizia al popolo armeno e quello italiano. Sembra incredibile come tutti coloro che abbiamo incontrato conoscano le canzoni di Toto Cutugno, di Albano e Romina o di Celentano.
Sveglia alle 4:00!  Sotto una luna che ci illumina il sentiero ci incamminiamo verso la vetta, mentre il lago in lontananza cambia colore mano a mano che il sole sorge.


Il percorso non è difficile, ma salendo la carenza di ossigeno di fa sentire.Giunti al passo che separa la vetta sud dalle altre, si apre di fronte a noi il bellissimo scenario del cratere ancora interamente ricoperto da neve e delle vette che lo sovrastano. L'unica accessibile in sicurezza e senza attrezzatura è sarà quella sud con i suoi 3890 metri. Al ritorno proviamo a trovare il sentiero per la vetta ovest, che supera i 4000, ma le grandi distese di neve non ci permettono di salire oltre.



La parziale delusione viene però mitigata dai prati verdi in cui scorrono decine di torrenti e le distese di fiori di tutti i colori che ci accompagnano nella discesa dall'altro versante, mentre sopra di noi il sole è ormai alto.


venerdì 22 luglio 2016

Il monastero di Ghegard e Garni



Il monastero di Ghegard si trova alla fine di un Canyon lungo 9 chilometri. Si dice che in tale monastero è stata custodita la lancia con cui venne trafitto il costato di Cristo, prima di essere trasferita a Echmiadzin. Ci hanno colpito le cappelle e le grotte in cui vivevano i monaci interamente scavate nella roccia, soprattutto per le loro piccole dimensioni e la poca luce filtrante che rendono bene l’idea della vita di privazioni degli stessi. 




 Fede e credenze popolari si incontrano in questo monastero dove i pellegrini oltre che per pregare vengono a  lanciare piccole pietre in fessure nel muro o legano nastri di stoffa agli alberi sperando di esaudire così i propri desideri, e si bagnano con una sorgente che dicono regalare alla pelle una giovinezza eterna.





Lungo la strada di ritorno a Yerevan ci fermiamo al tempio di Garni unico esempio rimasto nel Caucaso di tempio ellenico ricostruito, dedicato al dio Mitra. Quasi un miraggio trovarsi di fronte ad un’architettura a noi così familiare in questo territorio dove per via delle successive ondate di invasori non è rimasto niente di cultura classica. Accanto al tempio terme romane ed i resti del palazzo che l’imperatore Tiridate fece costruire come sua residenze estiva.